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L’INFERNO NON ESISTE? – Tratto da “Due storie”

Di Susanna Tamaro
con Laura Lattuada
Regia di Matteo Tarasco
Con la sua scrittura poetica e sublime, Susanna Tamaro ci ricorda che le parole bruciano, che le parole si fanno carne mentre noi parliamo, che le parole sono potenze che esercitano su di noi un potere invisibile. Il dittico che compone “L’Inferno non esiste?” (“L’inferno non esiste” e “Di nuovo lunedì”) è una tragedia greca in un interno borghese: la storia cupa, disperata ed estrema di una donna che nega la propria femminilità; la storia di figlie incapaci di essere madri; la storia di madri e figlie vittime di un universo maschile popolato da orchi. “Sentivo il bisogno di parlare del dolore degli innocenti, un dolore che è sempre sulle prime pagine ma che sembra non toccare più i cuori di nessuno”. (S. Tamaro)

EDMUND KEAN Genio e sregolatezza

Di Raymund FritzSimmons
Con Giuseppe Pambieri e con Juliane Reiss
Regia di Giancarlo Zanetti
Messo in scena per la prima volta nel1989 con l’interpretazione di Ben Kingsley, racconta la travolgente vita di Edmund Kean. Nello spettacolo Kean è concepito come un mostro, un uomo sfrenatamente ambizioso, perennemente alla ricerca di una fama immediata, un uomo convinto in modo paranoico che tutti cospirino contro di lui, un megalomane che non permette a nessuno di splendergli accanto, un uomo sinistro, un vulcano di rancore accumulato, un temporale di veleno, un torrente di bile: un uomo con una spinta incontenibile all’autodistruzione che già a trent’anni si è completamente consumato. Sì, Kean è un mostro, abbrutito dall’alcool e sifilitico. Ma Kean è il primo grande attore romantico e l’insuperabile interprete di Shakespeare.
Tutto lo spettacolo oscilla tra il suo carattere e quello dei personaggi che interpreta sulla scena, temprati dalle esperienze della sua vita. Le sue ambizioni riecheggiano nel Riccardo III. La sua misantropia sempre più profonda evoca Coriolano e Timone. Quando la sua mente è sconvolta si trasforma in Re Lear. L’addio di Otello (“Addio per sempre, pace dell’anima mia, addio felicità del cuore!”) è visto come la chiave per comprendere la sua vera personalità. Per Kean non c’è tranquillità né appagamento. Nell’addio mette a nudo la sua anima tormentata.
Fra tutte le paranoie, le megalomanie, le fanfaronate, le sbornie, le storie con le prostitute, è comunque una grande voce che chiede implorante pietà e comprensione.

ALICE

da Lewis Carrol
con Romina Mondello
e con Salvatore Rancatore, Giulia Galiani, Odette Piscitelli
Regia di MATTEO TARASCO
“Alice” non è uno spettacolo per bambini. Se i libri di “Alice” hanno acquisito la certezza dell’immortalità, questo è perché continuano ad essere letti e gustati dagli adulti. I bambini a volte si trovano disorientati dall’atmosfera “dark” dei sogni di Alice. Lewis Carroll, con il rigore del matematico, e lo scrupolo di un chierico, ci conduce in un viaggio nel profondo dell’animo umano, ove le contraddizioni più aspre si fondono, per restituire un’immagine del mondo vividamente controversa. Un mondo di meraviglie osservato attraverso lo specchio della propria coscienza, che sempre ci restituisce un’immagine distorta e traslata dell’essere.
Lo spettacolo ci ricorda che Alice potrebbe Lo spettacolo ci ricorda che Alice potrebbe essere la sorella di Amleto: lo specchio rappresenta un confine, al di là del quale tutti noi possiamo credere di essere o di non essere principi, re e regine. Se Amleto scappa e si rifugia e nella finzione della follia, Alice scappa e si rifugia nella follia della finzione, dove tutto può essere o non essere, ma nulla è un problema, bensì un enigma, che altro non è che un problema senza soluzione, come gli indovinelli del Cappellaio Matto, come gli interrogativi del principe di Danimarca.
La scena è la stanza di Alice nel Manicomio di Wonderland, una vecchia stanza abbandonata, un fetido rimasuglio dell’epoca vittoriana, che lo spettatore scruterà attraverso il pavimento sfondato del piano superiore, in una prospettiva distorta: la parete di fondo della scena è il pavimento della stanza, che è al contempo il luogo dove il male di vivere fa risuonare le proprie urla, nonché il regno di una creatura speciale che vede al di là delle cose che si vedono.

NON C’È PIÙ IL FUTURO DI UNA VOLTA

Con Zuzzurro e Gaspare
Di Aicardi, Formicola, Pistarino, Freyrie
Regia di Andrea Brambilla
E se pensare al futuro, per una volta, diventasse divertente? E se riuscissimo, in questo momento particolare, a riderci sopra, a dissacrarlo? Non sarebbe forse la formula migliore?
Nasce così questo spettacolo, che attinge ovviamente a piene mani nelle tecniche consolidate e giocate del cabaret, aggiungendo il piglio personale, il ritmo serrato, il piacere della battuta, una lungimiranza da teatranti, da cittadini acuti ed osservatori, una comicità veloce e democratica.
Insomma il proprio marchio di fabbrica, ridere, perché una risata si infiltra nei polmoni, nello stomaco prendendo la strada secondaria del pensiero, del vedere e del capire…

Il BURBERO BENEFICO

di Carlo Goldoni
Con Mariano Rigillo e Anna Teresa Rossini
Regia di Matteo Tarasco
Questo lavoro di Carlo Goldoni è un capolavoro assoluto, mai abbastanza frequentato dai teatranti.
E’ una straordinaria commedia di caratteri, che descrive un mondo vacuo e corrotto dove soltanto un uomo retto e puro, Geronte, si staglia moralmente.
Testo scritto inizialmente in francese per il debutto parigino alla Comedie Française, fu molto applaudito da Metastasio e Voltaire.
In questa versione scenica, la commedia di carattere si trasforma in commedia con canzoni e musiche originali, in una giostra di generi e stili che s’intrecciano a “corrompere” e reinterpretare il Settecento.

LA BANDA DEGLI ONESTI

Con Giacomo Rizzo
Di Mario Scarpetta
Dalla sceneggiatura del film di Age e Scarpelli
Regia di Giacomo Rizzo
Negli anni ’50 Totò si era accostato a Scarpetta, interpretando per il cinema tre sue commedie (Il medico dei pazzi, Un turco napoletano e Miseria e nobiltà).
Nel 1998, Mario Scarpetta, con un umile ma sincero omaggio, si accostò al grande principe della risata trascrivendo per la scena teatrale uno dei suoi più divertenti e famosi film: le vicende di quel Don Gennaro (Totò), portinaio con pochi soldi e molti sogni e Don Ferdinando (Peppino De Filippo), tipografo, non meno squattrinato e sognatore che insieme stampano un bel gruzzolo di banconote false.
“La cosa più difficile è stata quella di doversi dimenticare di Totò”, dichiarò il compianto Scarpetta.

CHE FINE HA FATTO IL MIO IO?

Con Francesco Paolantoni
di Francesco Paolantoni e Paola Cannatello
Musiche di Antonio Annona
Regia di Francesco PAOLANTONI
“Come tutti, sono alla ricerca del mio Io. Appena ‘o trovo, ‘o sputo ‘n faccia!” Il protagonista cercherà di risolvere la sua crisi esistenziale attraverso una serie di terapie che coinvolgeranno anche il pubblico: cromoterapia, idroterapia, sessoterapia, musicoterapia, ciboterapia e così via, un’esilarante pubblicoterapia che ha trovato riscontro anche tra veri psicoanalisti che lo stesso protagonista ha frequentato come paziente arrivando però a questa considerazione: “Ma perché devo parlare con una persona che devo pagare, quando posso parlare con tante persone che pagano loro a me?”

PSEUDOLO

di Plauto
Franco Oppini
con Renato Campese, Marco Paoli e Cristina Caldani
Regia di Mauro Annesi
E’ sicuramente una delle commedie più riuscite e rappresentative di Plauto. Imperniata sulla vicenda della separazione forzata dei giovani amanti e sull’atteso ricongiungimento finale, si avvale della creazione di due personaggi, che più di ogni altro rendono comicamente esplosiva tutta la commedia: il servo scaltro Pseudolo, vero antesignano di quella genìa di servi astuti, maliziosi, gioiosi e fieri di se stessi che tanto hanno animato tutto il Teatro; e il ruffiano Ballione, causa del mal d’amore dei due giovani amanti. In una Roma composta da un’umanità priva di gloria e di onore, ove regna solo la legge dell’inganno finalizzato al proprio tornaconto, l’irrefrenabile comicità si basa sui personaggi che esprimono i vizi e gli inganni.

CHI È CCHIÙ FELICE ‘E ME!

di Edoardo De Filippo
Gigi Savoia e Giovanna Rei
con Oscarino Di Maio e Massimo Masiello
Regia di Gigi Savoia
Commedia in due atti scritta nel 1929 e messa in scena nel 1933 con la compagnia Il Teatro umoristico(I De Filippo), si rifà ai temi tradizionali del teatro dialettale napoletano dove è più evidente l’influsso di Eduardo Scarpetta.La commedia l’ultima volta fu presentata proprio 25 anni fa, poco prima della scomparsa di Eduardo De Filippo. Il ruolo da protagonista in quella occasione, fu affidato a Luca De Filippo, il ruolo di Riccardo a Gigi Savoia, la regia dello spettacolo era di Eduardo De Filippo. Lo spettacolo era al Teatro Diana di Napoli, quando nell’ottobre 1984 giunse la notizia della scomparsa del grande drammaturgo.

AULULARIA

di Plauto
con Stefano Masciarelli
Regia di Walter Manfrè’
Euclione, il protagonista, è un antesignano di Arpagone, l’avaro dell’omonima opera di Molière. Anche lui ha un attaccamento fisico e affettivo ad un oggetto: una pentola piena d’oro, che cercherà di proteggere sino al ridicolo. Il vecchio avaro la trova casualmente nel suo giardino e, ossessionato dall’idea che qualcuno gliela possa rubare, ostenta un’assoluta povertà. Gli intrecci della storia sono quelli tipici delle commedie di Plauto, caratterizzate da una inverosimile ironia. Nessun accenno a significati di carattere morale, unico scopo era il divertimento, non vi era nessun accenno.